LE “CITTA’ DEI MITI”, STORIE DI DISPERAZIONE

Carola Lopane, 3 LA,  educandato “Setti Carraro”

Avete mai pensato a come sarebbe la vostra vita se dall’oggi al domani una studentessa vi denunciasse per molestie e voi doveste lasciare il lavoro, divorziare per volontà di vostra moglie e rischiare di non poter vedere vostra figlia, perché ormai non avete più nemmeno i soldi per fare la spesa? 

O ancora, come vi sentireste a soffrire di una malattia neuro-degenerativa chiamata “Demenza con corpi di Lewy”, e al posto di ricevere l’aiuto e il sostegno della vostra famiglia, vostro figlio decidesse di rinchiudervi in un manicomio e “buttare la chiave”. 

Oppure, se foste una donna rumena costretta a scappare dal regime politico del paese per salvare la vostra famiglia, e invece di trovare un posto migliore dove vivere, venite sbattute in mezzo alla strada dall’uomo che amate e costrette a prostituirvi, cosa provereste? 

Queste sono tutte le domande che si susseguono nella testa dopo aver assistito ai tre episodi raccolti nello spettacolo teatrale “Città dei miti”, creato e recitato dalla compagnia dei Borgia. Ma soprattutto, voi sapete fino a dove può portarvi la disperazione? 

I tre racconti si intitolano: “Eracle l’invisibile”, “Filottete dimenticato” e “Medea per strada” e sono delle rivisitazioni moderne dei tre miti, create attraverso una lunga e intensa analisi di storie veramente difficili che per qualcuno purtroppo sono all’ordine del giorno. 

Un ex ospedale psichiatrico ospitava la trilogia e questa location molto insolita ci ha permesso di vivere un’esperienza di teatro unica, dove l’attore si amalgama completamente con lo spettatore ed insieme creano “lo spettacolo”. 

Ognuno dei tre mi ha lasciato qualcosa e mi ha fatto commuovere e poi riflettere, ma uno in particolare mi ha colpito, la storia di Medea. 

La protagonista è una donna rumena, dal fascino e dalla bellezza notevoli, che è costretta a emigrare dalla Romania e a raggiungere l’Italia per trovare un lavoro ed aiutare la sua famiglia, ancora bloccata nell’ignoranza e nella chiusura politica e sociale di un regime dittatoriale. Il viaggio in pullman è veramente lungo e faticoso, ma lei non si tira indietro e lo intraprende lo stesso. 

Superato il confine con l’Albania il mezzo si ferma davanti ad un hotel, facendo credere ai passeggeri che era arrivato il momento della tanto attesa sosta. Se solo Medea l’avesse saputo non avrebbe mai messo piede fuori dal quel pullman … in un attimo la sua vita si stravolge: le vengono presi documenti e soldi ed in preda al panico, lei cerca sicurezza nell’unica persona che le era sembrata fedele ma che in realtà la stava distruggendo, senza che lei se ne accorgesse nemmeno … 

Arriva in Italia e viene spinta nel traffico di prostituzione, costretta ogni giorno a dare il suo corpo per sopravvivere. Giorno per giorno il suo malessere aumenta sempre di più e sfocia in un dolore senza limiti, talmente incontrollabile che si trasforma in pura disperazione e che la porta ad uccidere i suoi stessi figli. 

In quanto donna, questo spettacolo è stato veramente un pugno nello stomaco. 

Normalmente una mamma che uccide i propri figli viene condannata dal pensiero delle persone che vengono a conoscenza dell’accaduto, però in questa occasione io non riesco a farlo. Questa donna ha vissuto tutta la sua vita nella paura: prima il regime politico rumeno, poi la fuga, poi la prostituzione, e nel momento in cui si è resa conto che aveva perso persino l’unico appiglio che le rimaneva, l’uomo che amava, il mondo le è crollato addosso e la vendetta ha preso il sopravvento su di lei. lo immagino la sua disperazione e le insicurezze che crescevano in lei ad ogni uomo che fermava la macchina e le intimava di salire, a tutte le volte che ha dovuto sentire lungo il suo corpo le mani “sporche” di pervertiti insoddisfatti dalla vita che per dimostrare a se stessi un po’ di virilità hanno bisogno di un paio di calze a rete e di una scatola di preservativi. 

Ecco a cosa porta la disperazione. 


LA CITTÀ DEI MITI


progetto di Elena Cotugno e Gianpiero Alighiero Borgia
testi Fabrizio Sinisi
arte drammatica e ricerca sul campo Elena Cotugno, Christian Di Domenico, Daniele Nuccetelli
allestimento spazio scenico Filippo Sarcinelli
costumi Giuseppe Avallone con la collaborazione di Elena Cotugno
ideazione e regia Gianpiero Alighiero Borgia
produzione TB/Teatro dei Borgia in co-produzione con CTB – Centro Teatrale Bresciano e Il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia con il sostegno di Fondazione Vincenzo Casillo e di Cooperativa La Rete