“TU SOLO SEI COLUI CHE SEI. ESALTIAMO LA TUA DIVINITÀ. CANTIAMO LA TUA GLORIA”. 

Lorenzo Laporta, 2E, Liceo Scientifico “Alessandro Volta”

Un giorno nell’antica Grecia. Colpo di tamburo. Oscurità. Questa è “Medea, una strega” di Filippo Renda, andata in scena al teatro Litta di Milano. 

Una rappresentazione della celeberrima tragedia di Euripide in una chiave interpretativa moderna, che estrapola Medea e la trasporta fino ai giorni nostri. In una scenografia e atmosfera che prendono alla sprovvista lo spettatore, immerso in uno sfondo nero come la pece con un piccolo sgabello al centro, che si dimostra essere la casa di Medea a Corinto, suscitandogli angoscia nell’animo già prima che il palco prenda vita. Lo spettacolo viene fedelmente impostato in modo da evidenziare la critica al mondo dei maschi e la condizione svantaggiata delle donne, nel caso di Medea accentuata in quanto straniera. 

Queste tematiche fungono da filo conduttore della vicenda e sono frequentemente richiamate nel corso dei dialoghi dai cinque attori, unici proprietari del palcoscenico, che vestono i panni di più personaggi e del coro. La decisione di conferire ai cinque protagonisti ruoli diversi raffigura tuttavia un ostacolo, che impedisce loro di calarsi completamente nel personaggio, specialmente nel caso di Giasone e mostra un limite della rappresentazione. Questa inoltre è segnata da un elemento fondamentale, l’assenza delle quinte e la conseguente presenza degli interpreti sul palco per tutta la durata dello spettacolo, il cui movimento e cambio d’abito, nonostante avvenga in un angolo della “stanza”, distrae il pubblico. Questa riscrittura è sostanzialmente spaccata in due filoni paralleli che si intrecciano. Il primo, (quello della narrazione), è caratterizzato da dialoghi e monologhi, mentre nel secondo vengono messi in scena i riti, che come affermato in seguito allo spettacolo dal regista, fungono da cuore pulsante dell’opera e variano da esibizione a esibizione per esaltare l’eccesso e follia dei culti. Questo intreccio è accompagnato da un efficace cambiamento dell’illuminazione, che trasmette ai dialoghi, tramite un forte bagliore, la drammaticità delle parole di Medea e ai riti, attraverso quello che pare un flebile raggio di luna, la sfrenatezza dionisiaca. Tuttavia nel complesso la venerazione della grande dea madre, che è cielo, terra e abissi, di cui Medea è sacerdotessa, assume un ruolo secondario, quasi da separatore degli atti, per alleggerire lo spettacolo e il travaglio di Medea. 

Medea, la protagonista della tragedia, una donna forte, ripudiata e risoluta nel voler ottenere giustizia per il torto che le è stato commesso. L’interpretazione data a questo personaggio riflette pienamente la sua disperazione, che contamina la sala e permette allo spettatore di entrare fisicamente ed emotivamente nella vicenda. Al contrario quella di Giasone stona con l’ambiente circostante, dato che raffigura un uomo molto lontano dall’ideale di uomo greco, che non mostrava un atteggiamento di superiorità e sicurezza, ma bensì di paura e debolezza nei confronti della moglie, attribuendo anche una nota comica, per l’interpretazione stessa, alla serietà del momento. Molto interessante è come sia stata riportata, con un resoconto da parte di un messaggero, davanti agli occhi innocenti di Medea, la cruenta morte di Glauce e di Creonte, grazie all’utilizzo di una tecnica narrativa che ha abilmente superato la difficoltà di ambientare un racconto in un solo luogo, conferendo al tempo stesso maggiore dinamicità all’opera. 

Alla fine dello spettacolo Medea, dopo essersi macchiata del sangue dei suoi figli, viene rappresentata come una bambina, mentre va sull’altalena al tramonto della giornata e della vecchia vita con il coro, esterrefatto, che si allontana dalla strega e cerca rifugio nel cuore dello spettatore, che apre gli occhi e si risveglia.


Medea, una strega

da Euripide
riscrittura e regia Filippo Renda
con Salvatore Aronica, Gaia Carmagnani, Filippo Renda, Sarah Short, Alice Spisa
consulenza Maddalena Giovannelli
scene e costumi Eleonora Rossi
direzione tecnica, luci, suono Fulvio Melli
assistenti alla regia Gaia Barili, Gloria Ghezzi
direzione di produzione Elisa Mondadori
produzione Manifatture Teatrali Milanesi
Elaborazione costumi a cura degli allievi del Corso di sartoria teatrale dell’Accademia Teatro alla Scala
Inserito nel Progetto Cura con il contributo da Fondazione Cariplo